L’opzione preferenziale per i poveri e la virtù della carità

Terza catechesi sulla pandemia di Covid-19 “Guarire il mondo" alla luce del Vangelo, delle virtù teologali e dei principi della dottrina sociale della Chiesa

L’opzione preferenziale per i poveri  e la virtù della carità

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

La pandemia ha messo allo scoperto la difficile situazione dei poveri e la grande ineguaglianza che regna nel mondo. E il virus, mentre non fa eccezioni tra le persone, ha trovato, nel suo cammino devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha aumentate!

La risposta alla pandemia è quindi duplice. Da un lato, è indispensabile trovare la cura per un virus piccolo ma tremendo, che mette in ginocchio il mondo intero. Dall’altro, dobbiamo curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, della emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli. In questa doppia risposta di guarigione c’è una scelta che, secondo il Vangelo, non può mancare: è l’opzione preferenziale per i poveri (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium [EG], 195).

Cristo stesso, che è Dio, ha spogliato sé stesso, rendendosi simile agli uomini; e non ha scelto una vita di privilegio, ma la condizione di servo (cfr Fil 2,6-7). È nato in una famiglia umile e ha lavorato come artigiano. All’inizio della sua predicazione, ha annunciato che nel Regno di Dio i poveri sono beati (cfr Mt 5,3; Lc 6,20; EG, 197). Stava in mezzo ai malati, ai poveri e agli esclusi, mostrando loro l’amore misericordioso di Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2444).

Per questo, i seguaci di Gesù si riconoscono dalla loro vicinanza  ai poveri, ai piccoli, ai malati e ai carcerati, agli esclusi e ai dimenticati, a chi è privo del cibo e dei vestiti (cfr Mt 25,31-36; CCC, 2443). Questo è un criterio-chiave di autenticità cristiana (cfr Gal 2,10; EG, 195). Alcuni pensano, erroneamente, che questo amore preferenziale per i poveri sia un compito per pochi, ma in realtà è la missione di tutta la Chiesa (cfr S. GIOVANNI PAOLO II, Enc. Sollicitudo rei socialis, 42). «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri» (EG, 187). 

La fede, la speranza e l’amore necessariamente ci spingono verso questa preferenza per i più bisognosi,(1)  che va oltre la pur necessaria assistenza (cfr EG, 198). Implica infatti il camminare assieme, il lasciarci evangelizzare da loro, che conoscono bene Cristo sofferente, il lasciarci “contagiare” dalla loro esperienza della salvezza, dalla loro saggezza e creatività (cfr ibid.). Condividere con i poveri significa arricchirci a vicenda. E, se ci sono strutture sociali malate che impediscono loro di sognare per il futuro, dobbiamo lavorare insieme per guarirle, per cambiarle (cfr ibid., 195). A questo conduce l’amore di Cristo, che ci ha amato fino all’estremo (cfr Gv 13,1) e arriva fino ai confini, ai margini, alle frontiere esistenziali. Portare le periferie al centro significa centrare la nostra vita in Cristo, che «si è fatto povero» per noi, per arricchirci «per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9).  (2)

Tutti siamo preoccupati per le conseguenze sociali della pandemia. Molti vogliono tornare alla normalità e riprendere le attività economiche. Certo, ma questa “normalità” non dovrebbe comprendere le ingiustizie sociali e il degrado dell’ambiente. Oggi abbiamo un’occasione per costruire qualcosa di diverso. Per esempio, possiamo far crescere un’economia di sviluppo integrale dei poveri e non di assistenzialismo. Un’economia che non ricorra a rimedi che in realtà avvelenano la società, come i rendimenti dissociati dalla creazione di posti di lavoro dignitosi (cfr EG, 204). Questo tipo di profitti è dissociato dall’economia reale, quella che dovrebbe dare beneficio alla gente comune (cfr Enc. Laudato si’ [LS], 109), e inoltre risulta a volte indifferente ai danni inflitti alla casa comune. L’opzione preferenziale per i poveri, questa esigenza etico-sociale che proviene dall’amore di Dio (cfr LS, 158), ci dà l’impulso a pensare e disegnare un’economia dove le persone, e soprattutto i più poveri, siano al centro. E ci incoraggia anche a progettare la cura dei virus privilegiando coloro che ne hanno più bisogno. Che triste sarebbe se nel vaccino per il Covid-19 si desse la priorità ai più ricchi! E che scandalo sarebbe se tutta l’assistenza economica che stiamo osservando – la maggior parte con denaro pubblico – si concentrasse a riscattare industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune o alla cura del creato (ibid.).

Se il virus dovesse nuovamente intensificarsi in un mondo ingiusto per i poveri e i più vulnerabili, dobbiamo cambiare questo mondo. Con l’esempio di Gesù, il medico dell’amore divino integrale, cioè della guarigione fisica, sociale e spirituale (cfr Gv 5,6-9), dobbiamo agire ora, per guarire le epidemie provocate da piccoli virus invisibili, e per guarire quelle provocate dalle grandi e visibili ingiustizie sociali. Propongo che ciò venga fatto a partire dall’amore di Dio, ponendo le periferie al centro e gli ultimi al primo posto. A partire da questo amore, ancorato alla speranza e fondato nella fede, un mondo più sano sarà possibile.

 

[1] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione su alcuni aspetti della "Teologia della Liberazione", (1984), 5.

[1] Benedetto XVI, Discorso inaugurale della V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (13 maggio 2007), 3.

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L’opzione preferenziale per i poveri e la virtù della carità

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19 agosto 2020